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the Silent Pandemic - Soleterre

SERVIZIO DI SUPPORTO PSICOLOGICO COVID-19 DI FONDAZIONE SOLETERRE

INTRODUZIONE
Fondazione Soleterre è una ONG e Onlus che lavora in Italia e in altri 6 Paesi (Ucraina, Uganda, Costa d’Avorio, Marocco, Burkina Faso ed El Salvador) per la salvaguardia e la promozione del benessere psico-fisico per tutte e tutti, sia a livello individuale che collettivo, ad ogni età e in ogni parte del mondo.
La prevenzione, la denuncia e il contrasto delle disuguaglianze e della violenza, qualsiasi sia la causa che la genera, sono parte integrante dell’attività di Soleterre: perché salute è giustizia sociale.
L’esperienza di supporto psicologico in emergenza Covid-19 è partita a marzo 2020 presso il Policlinico San Matteo di Pavia, dove un team di 16 psicologi ha garantito assistenza psicologica a pazienti ricoverati, loro familiari e personale sanitario dei reparti coinvolti nella gestione dei casi Covid-19. Da giugno 2020 il servizio è stato esteso alla popolazione delle province lombarde più colpite di Bergamo, Milano, Pavia e Lodi e da ottobre 2020 in tutto il resto d’Italia grazie a una Rete Nazionale di circa 80 psicologi e psicoterapeuti presenti in 14 regioni italiane e oggi si rivolge a tutta la popolazione in difficoltà economica, emotiva e sociale a causa della pandemia. In un anno di lavoro hanno usufruito del servizio di Soleterre 2.758 persone – di cui 1.437 minori nelle scuole, 168 genitori, 288 insegnanti, 515 membri del personale sanitario, 85 pazienti Covid-19, 83 loro familiari e 182 persone che non hanno contratto il virus o lavorato in reparti Covid-19 ma che hanno subìto le conseguenze psicologiche della pandemia – per un totale di 2.833 colloqui effettuati.

ABSTRACT
In breve tempo, la pandemia COVID-19 si è trasformata in un’emergenza globale. La paura di essere infettati e le misure restrittive hanno cambiato drasticamente la routine quotidiana delle persone. Numerosi studi mostrano che la pandemia COVID-19 ha avuto e continua ad avere un impatto psicologico molto forte sulla popolazione globale: i livelli di stress, depressione e ansia, nonché i rischi di PTSD, sono superiori alla media nella maggioranza del campione considerato. Particolarmente colpite le persone che hanno sofferto di forme gravi del virus, i familiari delle vittime e lo staff sanitario travolto dall’emergenza.
Purtroppo la salute mentale, in Italia e non solo, è ancora lontana dall’essere considerata come elemento fondamentale per potere definire un individuo “in salute”. Alla luce di questa situazione, l’esperienza di Fondazione Soleterre all’interno del Policlinico San Matteo di Pavia risulta particolarmente significativa. Durante la fase acuta dell’emergenza, Soleterre ha messo a disposizione un team di psicologi attivi ogni giorno nei reparti del Policlinico coinvolti nella gestione dei casi COVID-19 per garantire supporto psicologico ed emotivo a pazienti, familiari e operatori sanitari. Nei mesi successivi il servizio è stato esteso a tutto il resto d’Italia. Un’esperienza unica nel suo genere, non solo nel contesto italiano.
Nel mese di marzo e aprile 2021, la fotografa Margherita Dametti ha seguito il team di psicologi nei reparti del Policlinico San Matteo maggiormente interessati dalla cura ai malati di COVID-19, con l’obiettivo di raccontare il loro complesso lavoro di supporto nei confronti dello staff sanitario e dei pazienti.
Entrata principale del Policlinico San Matteo di Pavia.
Nella Lombardia colpita così duramente dalla pandemia, il Policlinico San Matteo di Pavia è stato uno degli ospedali di riferimento per la gestione dei casi di coronavirus più gravi, in particolare per la provincia Pavese, il Lodigiano e le aree del Cremonese. Al San Matteo di Pavia è stato salvato il paziente 1, Mattia Maestri, che per un mese ha lottato tra la vita e la morte. Sempre a Pavia è stata sperimentata con successo la terapia del plasma iperimmune, gli anticorpi dei guariti trasfusi ai malati COVID-19. Sfortunatamente meno conosciuta, è l’altrettanto innovativa esperienza che l’ospedale ha fatto nel campo della salute mentale, con il supporto di Fondazione Soleterre, che ha messo a disposizione, sin dall’inizio della pandemia a Marzo 2020, un team di psicologi per offrire assistenza a pazienti, familiari e personale sanitario, nei reparti coinvolti nella gestione dei casi COVID-19.
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Entrata principale del Policlinico San Matteo di Pavia.
Nella Lombardia colpita così duramente dalla pandemia, il Policlinico San Matteo di Pavia è stato uno degli ospedali di riferimento per la gestione dei casi di coronavirus più gravi, in particolare per la provincia Pavese, il Lodigiano e le aree del Cremonese. Al San Matteo di Pavia è stato salvato il paziente 1, Mattia Maestri, che per un mese ha lottato tra la vita e la morte. Sempre a Pavia è stata sperimentata con successo la terapia del plasma iperimmune, gli anticorpi dei guariti trasfusi ai malati COVID-19. Sfortunatamente meno conosciuta, è l’altrettanto innovativa esperienza che l’ospedale ha fatto nel campo della salute mentale, con il supporto di Fondazione Soleterre, che ha messo a disposizione, sin dall’inizio della pandemia a Marzo 2020, un team di psicologi per offrire assistenza a pazienti, familiari e personale sanitario, nei reparti coinvolti nella gestione dei casi COVID-19.

Ivan Giacomel e Anna Rovati, due psicologi del team di Soleterre, iniziano il loro giro in uno dei reparti di terapia intensiva del Policlinico San Matteo. Il lavoro degli psicologi di Soleterre prevede, tra le altre attività, visite regolari ai reparti dell’ospedale coinvolti nella cura dei casi COVID-19, durante le quali incontrano staff medico, infermieristico e socio-sanitario. Nel corso di queste visite, gli psicologi parlano con lo staff per recepire bisogni e umori e offrire supporto. “Sono state abolite le consuete gerarchie tra medici, primari, infermieri e psicologi. L’obiettivo era uno solo: salvare insieme vite umane”.
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Ivan Giacomel e Anna Rovati, due psicologi del team di Soleterre, iniziano il loro giro in uno dei reparti di terapia intensiva del Policlinico San Matteo. Il lavoro degli psicologi di Soleterre prevede, tra le altre attività, visite regolari ai reparti dell’ospedale coinvolti nella cura dei casi COVID-19, durante le quali incontrano staff medico, infermieristico e socio-sanitario. Nel corso di queste visite, gli psicologi parlano con lo staff per recepire bisogni e umori e offrire supporto. “Sono state abolite le consuete gerarchie tra medici, primari, infermieri e psicologi. L’obiettivo era uno solo: salvare insieme vite umane”.
Medico in azione in uno dei reparti di terapia intensiva del San Matteo di Pavia.
La pandemia COVID-19 ha messo a dura prova la capacità degli ospedali e delle unità di terapia intensiva in tutto il mondo. Gli operatori sanitari hanno continuato a fornire assistenza ai pazienti nonostante la stanchezza, il rischio personale di infezione, la paura di trasmissione ai membri della famiglia, la malattia o la morte di amici e colleghi e la perdita di molti pazienti.
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Medico in azione in uno dei reparti di terapia intensiva del San Matteo di Pavia.
La pandemia COVID-19 ha messo a dura prova la capacità degli ospedali e delle unità di terapia intensiva in tutto il mondo. Gli operatori sanitari hanno continuato a fornire assistenza ai pazienti nonostante la stanchezza, il rischio personale di infezione, la paura di trasmissione ai membri della famiglia, la malattia o la morte di amici e colleghi e la perdita di molti pazienti.
Ivan Giacomel e Anna Rovati, due psicologi del team di Soleterre, discutono della situazione in uno dei reparti di terapia intensiva del San Matteo con Silvana, coordinatrice di reparto.
Ad Aprile 2021, la situazione nelle unità di terapia intensiva è decisamente migliorata rispetto all’inizio della pandemia: tuttavia lo staff è ancora profondamente segnato dal trauma di quel momento. Diverse ricerche, condotte sia in Italia che in diversi paesi nel mondo, hanno dimostrato che gli operatori sanitari, che durante la pandemia di COVID-19 hanno subito un elevato carico di stress psicologico, mostrano sintomi di depressione, ansia, e di disturbo da stress post-traumatico, con possibili conseguenze a medio-lungo termine sulla loro salute mentale.
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Ivan Giacomel e Anna Rovati, due psicologi del team di Soleterre, discutono della situazione in uno dei reparti di terapia intensiva del San Matteo con Silvana, coordinatrice di reparto.
Ad Aprile 2021, la situazione nelle unità di terapia intensiva è decisamente migliorata rispetto all’inizio della pandemia: tuttavia lo staff è ancora profondamente segnato dal trauma di quel momento. Diverse ricerche, condotte sia in Italia che in diversi paesi nel mondo, hanno dimostrato che gli operatori sanitari, che durante la pandemia di COVID-19 hanno subito un elevato carico di stress psicologico, mostrano sintomi di depressione, ansia, e di disturbo da stress post-traumatico, con possibili conseguenze a medio-lungo termine sulla loro salute mentale.
Stivali di gomma usati come dispositivi di protezione individuale dallo staff sanitario.
Tra i dispositivi di protezione individuale utilizzati dallo staff sanitario, ci sono anche gli stivali di gomma, un indumento insolito anche per il contesto ospedaliero.
Alcuni pazienti sopravvissuti alla terapia intensiva, una volta ripresa coscienza, hanno riportato, tra i ricordi di quei momenti disperati, questo dettaglio degli stivali di gomma, pensando che si trattasse di una delle tante allucinazioni avute tra il coma e la veglia durante il ricovero.
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Stivali di gomma usati come dispositivi di protezione individuale dallo staff sanitario.
Tra i dispositivi di protezione individuale utilizzati dallo staff sanitario, ci sono anche gli stivali di gomma, un indumento insolito anche per il contesto ospedaliero.
Alcuni pazienti sopravvissuti alla terapia intensiva, una volta ripresa coscienza, hanno riportato, tra i ricordi di quei momenti disperati, questo dettaglio degli stivali di gomma, pensando che si trattasse di una delle tante allucinazioni avute tra il coma e la veglia durante il ricovero.
Ivan Giacomel e Anna Rovati, due psicologi del team di Soleterre, visitano il corridoio di uno dei reparti di terapia intensiva dell’ospedale San Matteo, utilizzato per permettere ai parenti, che non avevano accesso alle stanze, di vedere i loro cari ricoverati attraverso un vetro e parlare (con chi era cosciente) per mezzo di citofoni.
Sui davanzali di questi finestroni si possono ancora trovare piccoli oggetti - come collane e rosari - lasciati dalle famiglie ai pazienti ricoverati, per far sentire la loro vicinanza e in segno di supporto.
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Ivan Giacomel e Anna Rovati, due psicologi del team di Soleterre, visitano il corridoio di uno dei reparti di terapia intensiva dell’ospedale San Matteo, utilizzato per permettere ai parenti, che non avevano accesso alle stanze, di vedere i loro cari ricoverati attraverso un vetro e parlare (con chi era cosciente) per mezzo di citofoni.
Sui davanzali di questi finestroni si possono ancora trovare piccoli oggetti - come collane e rosari - lasciati dalle famiglie ai pazienti ricoverati, per far sentire la loro vicinanza e in segno di supporto.
Silvana, coordinatrice di uno dei reparti di terapia intensiva del San Matteo di Pavia.
“Adesso che la situazione è più sotto controllo, l’ospedale cerca di favorire il più possibile il contatto diretto tra famiglia e pazienti, ritenuto fondamentale nel processo di guarigione. Nel momento più drammatico della pandemia, la separazione della famiglia con i pazienti avveniva in modo terribile, in particolare se la persona non ce la faceva”. Anche il funerale, gesto simbolico necessario nel processo di superamento del lutto, è venuto meno.
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Silvana, coordinatrice di uno dei reparti di terapia intensiva del San Matteo di Pavia.
“Adesso che la situazione è più sotto controllo, l’ospedale cerca di favorire il più possibile il contatto diretto tra famiglia e pazienti, ritenuto fondamentale nel processo di guarigione. Nel momento più drammatico della pandemia, la separazione della famiglia con i pazienti avveniva in modo terribile, in particolare se la persona non ce la faceva”. Anche il funerale, gesto simbolico necessario nel processo di superamento del lutto, è venuto meno.
Ivan Giacomel e Matteo Mangiagalli, due psicologi del team di Soleterre, lavorano nelle stanze che il San Matteo ha messo a disposizione degli psicologi di Soleterre all’ultimo piano della clinica pediatrica. 
Questo spazio, oltre a fungere da ufficio e base di riferimento per il personale di Soleterre coinvolto nella gestione del progetto presso il San Matteo, serve anche agli psicologi stessi per confrontarsi e rielaborare il forte carico emotivo causato dall’attività di supporto in un contesto così drammatico.
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Ivan Giacomel e Matteo Mangiagalli, due psicologi del team di Soleterre, lavorano nelle stanze che il San Matteo ha messo a disposizione degli psicologi di Soleterre all’ultimo piano della clinica pediatrica.
Questo spazio, oltre a fungere da ufficio e base di riferimento per il personale di Soleterre coinvolto nella gestione del progetto presso il San Matteo, serve anche agli psicologi stessi per confrontarsi e rielaborare il forte carico emotivo causato dall’attività di supporto in un contesto così drammatico.
Matteo Mangiagalli illustra i contenuti dei test psicologici che sono stati elaborati per valutare l’impatto del COVID-19 sui pazienti guariti.
Il team di Soleterre è impegnato da mesi ad un ricerca il cui focus è quello di valutare gli effetti del supporto psicologico su chi è stato ospedalizzato per COVID-19 e lo staff sanitario che è stato impegnato nei reparti COVID-19. I questionari valutano il potenziale beneficio del supporto psicologico sul disturbo da stress post-traumatico e altre sintomatologie. In Italia si tratta della prima (e forse unica) esperienza di questo tipo.
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Matteo Mangiagalli illustra i contenuti dei test psicologici che sono stati elaborati per valutare l’impatto del COVID-19 sui pazienti guariti.
Il team di Soleterre è impegnato da mesi ad un ricerca il cui focus è quello di valutare gli effetti del supporto psicologico su chi è stato ospedalizzato per COVID-19 e lo staff sanitario che è stato impegnato nei reparti COVID-19. I questionari valutano il potenziale beneficio del supporto psicologico sul disturbo da stress post-traumatico e altre sintomatologie. In Italia si tratta della prima (e forse unica) esperienza di questo tipo.
Anna Rovati, Alessandra Balestra e Francesca Bigoni discutono delle implicazioni psicologiche della pandemia.
Oggi Fondazione Soleterre si pone come punto di riferimento nazionale per garantire percorsi di assistenza psicologica continuativa e di qualità a tutte e tutti coloro che ne hanno bisogno (in forma gratuita per le categorie più fragili). Lo fa attraverso una Rete Nazionale per il Supporto Psicologico Covid-19 composta da circa 80 psicologi in 14 regioni italiane che in un anno di lavoro ha già offerto gratuitamente assistenza psicologica a oltre 2.800 persone tra pazienti Covid-19, operatori sanitari in ospedale, famiglie, minori, persone in difficoltà economica, sociale ed emotiva. 
La creazione di una Rete Nazionale per il Supporto Psicologico Covid-19 è possibile grazie alla collaborazione di partner di progetto importanti come Fondazione IRCSS Policlinico San Matteo di Pavia, Dipartimento di Scienze del Sistema Nervoso e del Comportamento dell’Università degli Studi di Pavia, Dipartimento di Psicologia Dinamica e Clinica de La Sapienza Università di Roma, Ordine degli Psicologi della Lombardia, Università Cattolica di Milano.
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Anna Rovati, Alessandra Balestra e Francesca Bigoni discutono delle implicazioni psicologiche della pandemia.
Oggi Fondazione Soleterre si pone come punto di riferimento nazionale per garantire percorsi di assistenza psicologica continuativa e di qualità a tutte e tutti coloro che ne hanno bisogno (in forma gratuita per le categorie più fragili). Lo fa attraverso una Rete Nazionale per il Supporto Psicologico Covid-19 composta da circa 80 psicologi in 14 regioni italiane che in un anno di lavoro ha già offerto gratuitamente assistenza psicologica a oltre 2.800 persone tra pazienti Covid-19, operatori sanitari in ospedale, famiglie, minori, persone in difficoltà economica, sociale ed emotiva.
La creazione di una Rete Nazionale per il Supporto Psicologico Covid-19 è possibile grazie alla collaborazione di partner di progetto importanti come Fondazione IRCSS Policlinico San Matteo di Pavia, Dipartimento di Scienze del Sistema Nervoso e del Comportamento dell’Università degli Studi di Pavia, Dipartimento di Psicologia Dinamica e Clinica de La Sapienza Università di Roma, Ordine degli Psicologi della Lombardia, Università Cattolica di Milano.
Due operatori sanitari fanno pausa su uno dei balconi del DEA - Dipartimento di Emergenza ed Accettazione - il nuovo padiglione dell’ospedale San Matteo inaugurato il 31 ottobre 2013. 
In Italia, alla sfida già enorme della gestione di un’ondata di pazienti gravemente malati, ad aumentare la pressione sul personale sanitario si sono aggiunti la penuria di risorse e l'assenza di trattamenti specifici per il COVID-19. Gli operatori sanitari dovevano prendersi cura dei colleghi malati, offrire conforto ai pazienti morenti che erano isolati dai loro cari e informare e consolare i familiari dei pazienti a distanza. Alcuni operatori sanitari erano ulteriormente gravati da decisioni difficili dal punto di vista emotivo ed etico. La paura di trasmettere il virus ha portato molti operatori sanitari a isolarsi dalle loro famiglie per mesi. Lavorare a distanza ed essere evitati dai membri della comunità ha ulteriormente contribuito al senso di solitudine.
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Due operatori sanitari fanno pausa su uno dei balconi del DEA - Dipartimento di Emergenza ed Accettazione - il nuovo padiglione dell’ospedale San Matteo inaugurato il 31 ottobre 2013.
In Italia, alla sfida già enorme della gestione di un’ondata di pazienti gravemente malati, ad aumentare la pressione sul personale sanitario si sono aggiunti la penuria di risorse e l'assenza di trattamenti specifici per il COVID-19. Gli operatori sanitari dovevano prendersi cura dei colleghi malati, offrire conforto ai pazienti morenti che erano isolati dai loro cari e informare e consolare i familiari dei pazienti a distanza. Alcuni operatori sanitari erano ulteriormente gravati da decisioni difficili dal punto di vista emotivo ed etico. La paura di trasmettere il virus ha portato molti operatori sanitari a isolarsi dalle loro famiglie per mesi. Lavorare a distanza ed essere evitati dai membri della comunità ha ulteriormente contribuito al senso di solitudine.
Anna Rovati occupata in un colloquio in una delle stanze che il San Matteo ha messo a disposizione dello staff di Soleterre.
Gli psicologi di Fondazione Soleterre, durante i primi tre mesi di intervento in prima linea nei reparti Covid-19 presso Fondazione IRCCS Policlinico San Matteo di Pavia, hanno  elaborato un nuovo Modello Terapeutico di gestione del trauma, che ha raccolto buone pratiche ed evidenze consolidate, gettando le basi per estendere il servizio di supporto psicologico fuori dall’ospedale, nelle province più colpite.
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Anna Rovati occupata in un colloquio in una delle stanze che il San Matteo ha messo a disposizione dello staff di Soleterre.
Gli psicologi di Fondazione Soleterre, durante i primi tre mesi di intervento in prima linea nei reparti Covid-19 presso Fondazione IRCCS Policlinico San Matteo di Pavia, hanno elaborato un nuovo Modello Terapeutico di gestione del trauma, che ha raccolto buone pratiche ed evidenze consolidate, gettando le basi per estendere il servizio di supporto psicologico fuori dall’ospedale, nelle province più colpite.
Matteo Mangiagalli, psicologo del team di Soleterre, si prepara per entrare in un reparto di terapia intensiva e visitare due pazienti.
Anche gli psicologi, come il resto del personale sanitario, deve attenersi scrupolosamente a tutte le misure di sicurezza. Per entrare nei reparti e venire a contatto diretto con i pazienti affetti da COVID-19, è prevista una fase di “vestizione” nella quale si devono indossare tutti i dispositivi di protezione necessari.
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Matteo Mangiagalli, psicologo del team di Soleterre, si prepara per entrare in un reparto di terapia intensiva e visitare due pazienti.
Anche gli psicologi, come il resto del personale sanitario, deve attenersi scrupolosamente a tutte le misure di sicurezza. Per entrare nei reparti e venire a contatto diretto con i pazienti affetti da COVID-19, è prevista una fase di “vestizione” nella quale si devono indossare tutti i dispositivi di protezione necessari.
Matteo Mangiagalli, psicologo del team di Soleterre, si prepara per entrare in un reparto di terapia intensiva e visitare due pazienti.
“E’ difficile fare il nostro lavoro di supporto psicologico così bardati: il linguaggio non verbale, di solito molto importante nei colloqui, è fortemente penalizzato. Il contatto visivo è ridotto e ostacolato. Ma non possiamo fare diversamente e alla fine le persone si sono abituate a vederci vestiti così”.
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Matteo Mangiagalli, psicologo del team di Soleterre, si prepara per entrare in un reparto di terapia intensiva e visitare due pazienti.
“E’ difficile fare il nostro lavoro di supporto psicologico così bardati: il linguaggio non verbale, di solito molto importante nei colloqui, è fortemente penalizzato. Il contatto visivo è ridotto e ostacolato. Ma non possiamo fare diversamente e alla fine le persone si sono abituate a vederci vestiti così”.
Matteo Mangiagalli, psicologo del team di Soleterre, a colloquio con un paziente ricoverato in terapia intensiva.
“Ai pazienti che non sono in coma ma che rimangono ricoverati in condizioni difficili in terapia intensiva, offriamo supporto attraverso colloqui individuali. I pazienti, soprattutto quelli più anziani, sono contenti di poter parlare con qualcuno delle loro paure. E’ molto dura sentire quanto siano spaventati non solo dalla malattia e dalla prospettiva della morte ma anche dalla solitudine.”
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Matteo Mangiagalli, psicologo del team di Soleterre, a colloquio con un paziente ricoverato in terapia intensiva.
“Ai pazienti che non sono in coma ma che rimangono ricoverati in condizioni difficili in terapia intensiva, offriamo supporto attraverso colloqui individuali. I pazienti, soprattutto quelli più anziani, sono contenti di poter parlare con qualcuno delle loro paure. E’ molto dura sentire quanto siano spaventati non solo dalla malattia e dalla prospettiva della morte ma anche dalla solitudine.”
Due medici di uno dei reparti di terapia intensiva dell’ospedale San Matteo si consultano attraverso i vetri protettivi del reparto.
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Due medici di uno dei reparti di terapia intensiva dell’ospedale San Matteo si consultano attraverso i vetri protettivi del reparto.
Un team di medici e infermieri di uno dei reparti di terapia intensiva dell’ospedale San Matteo preparano un paziente per un intervento d’urgenza.
La percezione che la società ha del ruolo degli operatori sanitari influenza il loro comportamento, spingendoli a dimostrare forza e capacità di resilienza a prescindere da tutto. Medici e infermieri faticano nel riconoscere la propria vulnerabilità e la necessità di condividere i traumi. A questo si aggiungono i pregiudizi stigmatizzanti verso il malessere psicologico.
Nonostante il bisogno di supporto, soprattutto durante un'emergenza sanitaria, lo staff sanitario stenta a chiedere aiuto.
Il team di psicologi di Soleterre ha svolto oltre 250 colloqui per quasi 500 tra operatori sanitari, pazienti e familiari: la Fondazione sta studiando l'impatto di questo lavoro ma i dati preliminari evidenziano già che il supporto fornito ha aiutato a diminuire il livello di stress nel personale sanitario.
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Un team di medici e infermieri di uno dei reparti di terapia intensiva dell’ospedale San Matteo preparano un paziente per un intervento d’urgenza.
La percezione che la società ha del ruolo degli operatori sanitari influenza il loro comportamento, spingendoli a dimostrare forza e capacità di resilienza a prescindere da tutto. Medici e infermieri faticano nel riconoscere la propria vulnerabilità e la necessità di condividere i traumi. A questo si aggiungono i pregiudizi stigmatizzanti verso il malessere psicologico.
Nonostante il bisogno di supporto, soprattutto durante un'emergenza sanitaria, lo staff sanitario stenta a chiedere aiuto.
Il team di psicologi di Soleterre ha svolto oltre 250 colloqui per quasi 500 tra operatori sanitari, pazienti e familiari: la Fondazione sta studiando l'impatto di questo lavoro ma i dati preliminari evidenziano già che il supporto fornito ha aiutato a diminuire il livello di stress nel personale sanitario.
Un medico entra nella sala della “svestizione” in un reparto di terapia intensiva dell’ospedale San Matteo .
Gli operatori sanitari ospedalieri lavorano per molte ore indossando dispositivi di protezione individuale (DPI) ingombranti e scomodi, che non solo complicano un lavoro già pesante ma che rendono ancor più difficile il rapporto con i pazienti, già spaventati dalla malattia.
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Un medico entra nella sala della “svestizione” in un reparto di terapia intensiva dell’ospedale San Matteo .
Gli operatori sanitari ospedalieri lavorano per molte ore indossando dispositivi di protezione individuale (DPI) ingombranti e scomodi, che non solo complicano un lavoro già pesante ma che rendono ancor più difficile il rapporto con i pazienti, già spaventati dalla malattia.
Ivan Giacomel e Francesca Bigoni in visita al Pronto Soccorso dedicato ai pazienti affetti da COVID-19.
Rispetto all’inizio della pandemia, oggi gli ospedali italiani sono più pronti alla risposta e i pazienti che hanno bisogno di cure ospedaliere sono diminuiti.
All’inizio della pandemia, i pronto soccorso degli ospedali erano presi d’assalto, il personale sanitario non sapeva come rispondere a questo nuovo virus e i pazienti, che arrivavano in ospedale ormai in condizioni critiche, morivano ancor prima che gli si potesse somministrare qualsiasi cura. Qualcuno la chiamava “la catena di montaggio della morte”.
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Ivan Giacomel e Francesca Bigoni in visita al Pronto Soccorso dedicato ai pazienti affetti da COVID-19.
Rispetto all’inizio della pandemia, oggi gli ospedali italiani sono più pronti alla risposta e i pazienti che hanno bisogno di cure ospedaliere sono diminuiti.
All’inizio della pandemia, i pronto soccorso degli ospedali erano presi d’assalto, il personale sanitario non sapeva come rispondere a questo nuovo virus e i pazienti, che arrivavano in ospedale ormai in condizioni critiche, morivano ancor prima che gli si potesse somministrare qualsiasi cura. Qualcuno la chiamava “la catena di montaggio della morte”.
Le bombole di ossigeno al Pronto Soccorso dedicato ai pazienti affetti da COVID-19.
Non solo le persone, malate o morenti, lasciano un segno in chi le assiste: ma ci sono degli oggetti che per molto tempo porteranno con sé il ricordo terribile di questo momento. Le mascherine, i guanti di lattice, le tute, le visiere, gli stivali di gomma: ma anche le bombole di ossigeno.
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Le bombole di ossigeno al Pronto Soccorso dedicato ai pazienti affetti da COVID-19.
Non solo le persone, malate o morenti, lasciano un segno in chi le assiste: ma ci sono degli oggetti che per molto tempo porteranno con sé il ricordo terribile di questo momento. Le mascherine, i guanti di lattice, le tute, le visiere, gli stivali di gomma: ma anche le bombole di ossigeno.
Ivan Giacomel e Francesca Bigoni in visita al Pronto Soccorso dedicato ai pazienti affetti da COVID-19.
Dopo una prima fase di aggiustamento, il personale sanitario adesso accoglie con piacere l’arrivo degli psicologi in reparto. “All’inizio non è stato facile, perché lo staff, stretto dalla morsa dell’emergenza, faticava a riconoscere la propria vulnerabilità e il bisogno di supporto. Ma presto si sono resi conto che parlare era incredibilmente utile ad affrontare le paure, l’isolamento e lo stress. Non solo: anche il lavoro con i pazienti è diventato presto fondamentale anche per lo staff sanitario. Gli psicologi hanno infatti aiutato a ricreare il rapporto medico/infermiere-paziente, ricostruendo per lo staff le storie - non solo di vita ma anche emotive - dei ricoverati.
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Ivan Giacomel e Francesca Bigoni in visita al Pronto Soccorso dedicato ai pazienti affetti da COVID-19.
Dopo una prima fase di aggiustamento, il personale sanitario adesso accoglie con piacere l’arrivo degli psicologi in reparto. “All’inizio non è stato facile, perché lo staff, stretto dalla morsa dell’emergenza, faticava a riconoscere la propria vulnerabilità e il bisogno di supporto. Ma presto si sono resi conto che parlare era incredibilmente utile ad affrontare le paure, l’isolamento e lo stress. Non solo: anche il lavoro con i pazienti è diventato presto fondamentale anche per lo staff sanitario. Gli psicologi hanno infatti aiutato a ricreare il rapporto medico/infermiere-paziente, ricostruendo per lo staff le storie - non solo di vita ma anche emotive - dei ricoverati.
Ivan Giacomel in visita al reparto di Pneumologia.
Lo stato psicologico del personale sanitario si è evoluto nel tempo. Pur essendo la situazione molto più drammatica da tutti i punti di vista, all’inizio della pandemia il personale sanitario riusciva comunque a far fronte all’emergenza anche grazie al supporto della comunità, allo spirito di squadra e all’illusione che potesse trattarsi di una situazione temporanea. Oggi quel senso di comunità è venuto meno, l’energia dell’emergenza ha lasciato posto alla fatica e alla stanchezza di una crisi che si protrae da lungo tempo.
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Ivan Giacomel in visita al reparto di Pneumologia.
Lo stato psicologico del personale sanitario si è evoluto nel tempo. Pur essendo la situazione molto più drammatica da tutti i punti di vista, all’inizio della pandemia il personale sanitario riusciva comunque a far fronte all’emergenza anche grazie al supporto della comunità, allo spirito di squadra e all’illusione che potesse trattarsi di una situazione temporanea. Oggi quel senso di comunità è venuto meno, l’energia dell’emergenza ha lasciato posto alla fatica e alla stanchezza di una crisi che si protrae da lungo tempo.
Quadro appeso nella sala dello staff del reparto di Pneumologia.
Nei primi mesi della pandemia, la comunità si stringeva attorno a medici e infermieri, li chiamava “eroi”. Con il tempo, però, la società si è dimenticata di loro, il bollettino dei morti è diventato una triste consuetudine e molti comportamenti sono stati normalizzati. In alcuni casi, addirittura, il personale sanitario da eroe è diventato untore: diversi gli episodi registrati in tutte Italia di aggressione verso i medici.
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Quadro appeso nella sala dello staff del reparto di Pneumologia.
Nei primi mesi della pandemia, la comunità si stringeva attorno a medici e infermieri, li chiamava “eroi”. Con il tempo, però, la società si è dimenticata di loro, il bollettino dei morti è diventato una triste consuetudine e molti comportamenti sono stati normalizzati. In alcuni casi, addirittura, il personale sanitario da eroe è diventato untore: diversi gli episodi registrati in tutte Italia di aggressione verso i medici.
La bacheca del ricordo è affiancata da un quadro raffigurante la Madonna, nella sala dello staff del reparto di Pneumologia.
Lo staff sanitario ha trovato i modi più diversi per affrontare la crisi, superare i momenti di stress ed esorcizzare la paura. La sala dello staff, nel reparto di Pneumologia, è tappezzato di foto e messaggi che raccontano le diverse fasi della pandemia: si tratta perlopiù di immagini positive, di squadra, che sottolineano i momenti di successo del 2020.
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La bacheca del ricordo è affiancata da un quadro raffigurante la Madonna, nella sala dello staff del reparto di Pneumologia.
Lo staff sanitario ha trovato i modi più diversi per affrontare la crisi, superare i momenti di stress ed esorcizzare la paura. La sala dello staff, nel reparto di Pneumologia, è tappezzato di foto e messaggi che raccontano le diverse fasi della pandemia: si tratta perlopiù di immagini positive, di squadra, che sottolineano i momenti di successo del 2020.
Ivan Giacomel organizza insieme allo staff e ai pazienti le video chiamate con i famigliari.
Uno dei servizi che il programma di Soleterre offre gratuitamente ai pazienti ricoverati, in particolare ai più anziani che hanno poca dimestichezza con gli strumenti di comunicazione, è quello delle videochiamate con la famiglia.
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Ivan Giacomel organizza insieme allo staff e ai pazienti le video chiamate con i famigliari.
Uno dei servizi che il programma di Soleterre offre gratuitamente ai pazienti ricoverati, in particolare ai più anziani che hanno poca dimestichezza con gli strumenti di comunicazione, è quello delle videochiamate con la famiglia.
Ivan Giacomel, psicologo, in visita al reparto di Pneumologia.
Per supportare efficacemente gli operatori sanitari, la risorsa più importante del sistema sanitario, è necessario comprendere le loro sfide e le loro esigenze. Il burnout e altre forme di disagio psicologico sono conseguenze inevitabili data la natura del loro lavoro. Riconoscere l’impatto psicologico correlato alla cura dei pazienti con COVID-19, è il primo passo verso la de-stigmatizzazione dei problemi di salute mentale legati al lavoro e la risposta adeguata ai bisogni di salute mentale di tutti gli operatori sanitari colpiti dalla pandemia.
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Ivan Giacomel, psicologo, in visita al reparto di Pneumologia.
Per supportare efficacemente gli operatori sanitari, la risorsa più importante del sistema sanitario, è necessario comprendere le loro sfide e le loro esigenze. Il burnout e altre forme di disagio psicologico sono conseguenze inevitabili data la natura del loro lavoro. Riconoscere l’impatto psicologico correlato alla cura dei pazienti con COVID-19, è il primo passo verso la de-stigmatizzazione dei problemi di salute mentale legati al lavoro e la risposta adeguata ai bisogni di salute mentale di tutti gli operatori sanitari colpiti dalla pandemia.
Ivan Giacomel fa una videochiamata con i familiari di una paziente del reparto di pneumologia.
La videochiamata è un momento molto importante sia per i pazienti, che rimangono ricoverati anche per periodi molto lunghi, che per i familiari, che possono parlare direttamente con i loro cari e rassicurarsi sul loro stato di salute.
“Ci sono dei momenti in cui il COVID ha determinato il rischio che non ci si potesse più toccare. Darsi la mano è segnale di uno scambio: uno scambio, in questa foto, tra generazioni differenti. E credo che il nostro lavoro come psicologi in prima linea abbia anche significato continuare a stringere la mano alle persone che sono la memoria di questo Paese, gli anziani. A livello simbolico abbiamo tenuto stretta la possibilità che nulla, non una parola, non un pensiero, non un gesto, non un suono andasse perso.
Soleterre, grazie a questa presenza in prima linea, ha fatto in modo che ogni emozione fosse conservata. Nemmeno i guanti di gomma hanno respinto l’emozione che è entrata, attraverso la nostra mano, nel nostro cuore e che abbiamo restituito in qualche modo sia ai pazienti, sia ai familiari che ai medici e agli infermieri.
Il significato di essere stati in prima linea: non perdere niente, ma conservare tutti i sentimenti e le emozioni delle persone.
Il prendersi cura significa questo: non dimenticare nessuno e nessun aspetto, in ogni situazione, anche quando prendersi cura vuole dire dare la propria vita. Perché questo significa dare valore alla vita degli altri" – racconta Damiano Rizzi, Presidente di Fondazione Soleterre e Psicologo Clinico presso Fondazione IRCCS Policlinico San Matteo di Pavia.
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Ivan Giacomel fa una videochiamata con i familiari di una paziente del reparto di pneumologia.
La videochiamata è un momento molto importante sia per i pazienti, che rimangono ricoverati anche per periodi molto lunghi, che per i familiari, che possono parlare direttamente con i loro cari e rassicurarsi sul loro stato di salute.
“Ci sono dei momenti in cui il COVID ha determinato il rischio che non ci si potesse più toccare. Darsi la mano è segnale di uno scambio: uno scambio, in questa foto, tra generazioni differenti. E credo che il nostro lavoro come psicologi in prima linea abbia anche significato continuare a stringere la mano alle persone che sono la memoria di questo Paese, gli anziani. A livello simbolico abbiamo tenuto stretta la possibilità che nulla, non una parola, non un pensiero, non un gesto, non un suono andasse perso.
Soleterre, grazie a questa presenza in prima linea, ha fatto in modo che ogni emozione fosse conservata. Nemmeno i guanti di gomma hanno respinto l’emozione che è entrata, attraverso la nostra mano, nel nostro cuore e che abbiamo restituito in qualche modo sia ai pazienti, sia ai familiari che ai medici e agli infermieri.
Il significato di essere stati in prima linea: non perdere niente, ma conservare tutti i sentimenti e le emozioni delle persone.
Il prendersi cura significa questo: non dimenticare nessuno e nessun aspetto, in ogni situazione, anche quando prendersi cura vuole dire dare la propria vita. Perché questo significa dare valore alla vita degli altri" – racconta Damiano Rizzi, Presidente di Fondazione Soleterre e Psicologo Clinico presso Fondazione IRCCS Policlinico San Matteo di Pavia.
Ivan Giacomel si ferma a parlare con una paziente del reparto di Pneumologia dopo la fine della video chiamata con i familiari.
“I momenti delle videochiamate sono molto intensi. Spesso le persone si commuovono. Ci ringraziano all’infinito e qualcuno vorrebbe pagare anche se il servizio è gratuito, un modo per ringraziarci per quei minuti di saluti e sorrisi con figli e nipoti.”
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Ivan Giacomel si ferma a parlare con una paziente del reparto di Pneumologia dopo la fine della video chiamata con i familiari.
“I momenti delle videochiamate sono molto intensi. Spesso le persone si commuovono. Ci ringraziano all’infinito e qualcuno vorrebbe pagare anche se il servizio è gratuito, un modo per ringraziarci per quei minuti di saluti e sorrisi con figli e nipoti.”
Ivan Giacomel, Alessandra Balestra e Francesca Bigoni ascoltano la testimonianza della coordinatrice del reparto di Pneumologia.
“Il programma portato avanti da Soleterre al San Matteo di Pavia è completamente autofinanziata, non è costata 1 euro al Sistema Sanitario Nazionale. I Fondi sono stati prevalentemente donati da Fondazioni non italiane e questo lascia molti margini di riflessione su come la salute mentale, in Italia, sia ancora lontana dall’essere qualcosa di percepito come fondamentale per potere definire un individuo “in salute” – racconta Damiano Rizzi, Presidente di Fondazione Soleterre e Psicologo Clinico presso Fondazione IRCCS Policlinico San Matteo di Pavia.
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Ivan Giacomel, Alessandra Balestra e Francesca Bigoni ascoltano la testimonianza della coordinatrice del reparto di Pneumologia.
“Il programma portato avanti da Soleterre al San Matteo di Pavia è completamente autofinanziata, non è costata 1 euro al Sistema Sanitario Nazionale. I Fondi sono stati prevalentemente donati da Fondazioni non italiane e questo lascia molti margini di riflessione su come la salute mentale, in Italia, sia ancora lontana dall’essere qualcosa di percepito come fondamentale per potere definire un individuo “in salute” – racconta Damiano Rizzi, Presidente di Fondazione Soleterre e Psicologo Clinico presso Fondazione IRCCS Policlinico San Matteo di Pavia.
Ivan Giacomel a colloquio con un paziente ricoverato nel reparto di Pneumologia.
Gli psicologi di Soleterre hanno sottoposto ad un campione di persone -  malati covid, operatori sanitari, familiari di pazienti/vittime e pazienti extra ospedalieri - un test per rilevare la presenza di sintomi trasversali da stress post-traumatico Covid-19 e poter così definire la tipologia di percorso terapeutico più adatta. Dei 278 test eseguiti emerge che il 60,7% dice di aver sperimentato o vissuto un evento traumatico e il 25% ha pensato al suicidio.
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Ivan Giacomel a colloquio con un paziente ricoverato nel reparto di Pneumologia.
Gli psicologi di Soleterre hanno sottoposto ad un campione di persone - malati covid, operatori sanitari, familiari di pazienti/vittime e pazienti extra ospedalieri - un test per rilevare la presenza di sintomi trasversali da stress post-traumatico Covid-19 e poter così definire la tipologia di percorso terapeutico più adatta. Dei 278 test eseguiti emerge che il 60,7% dice di aver sperimentato o vissuto un evento traumatico e il 25% ha pensato al suicidio.
Staff sanitario di reparto e psicologi di Soleterre davanti alla statua della Madonna che è stata posizionata nel reparto di Pneumologia poco dopo lo scoppio della pandemia.
Questa statua, prima della pandemia, giaceva abbandonata in un angolo di una stanza del reparto, dimenticata. Ad un certo punto, dopo lo scoppio della pandemia, il personale di reparto si è accorto che le persone (pazienti e staff), a prescindere dalla loro credo religioso, andavano a pregare davanti alla statua. La statua è stata così posizionata in un luogo più centrale del reparto e oggi è considerata da tutti, credenti e non, un simbolo di protezione e speranza.
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Staff sanitario di reparto e psicologi di Soleterre davanti alla statua della Madonna che è stata posizionata nel reparto di Pneumologia poco dopo lo scoppio della pandemia.
Questa statua, prima della pandemia, giaceva abbandonata in un angolo di una stanza del reparto, dimenticata. Ad un certo punto, dopo lo scoppio della pandemia, il personale di reparto si è accorto che le persone (pazienti e staff), a prescindere dalla loro credo religioso, andavano a pregare davanti alla statua. La statua è stata così posizionata in un luogo più centrale del reparto e oggi è considerata da tutti, credenti e non, un simbolo di protezione e speranza.
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